Andrea Grotto
Brucia Luce

Nel romanzo la “Vita della foresta” di William Hudson, pubblicato nel 1942, vengono narrate le esplorazioni del protagonista, Abel, nelle giungle della Guinea; per pagine e pagine il paesaggio che incontra nelle sue peregrinazioni è ciò che tutti noi immagineremmo come “cliché” di una selva: piante altissime, grovigli di liane, insetti, pantere, fiori, indigeni, scimmie, fino al momento in cui attirato da un canto melodioso mai ascoltato prima scopre una figura così descritta: «era piccola, non di più di quattro palmi e sei o sette pollici di statura, […] suo unico indumento appariva una veste leggera, […] di un bianco leggermente bigio ma lucido di riflessi, come se fosse di seta. Meravigliosi i capelli, abbandonati e sciolti ma tutti ondati e inanellati che cadevano come una nube sulle spalle e le braccia. Parevano scure ma il vero colore n’era inafferrabile e così quello della pelle che non poteva dirsi né bruna né bianca… c’era come una nebbia in lei, che la faceva apparire vaga e lontana, guizzo di colori iridescenti.» Abel rimane attonito davanti a questa visione in dubbio se fosse reale o immaginazione, medesima sensazione si può avere di fronte ai lavori di Andrea Grotto (Schio (VI), 1989). Composizioni pittoriche che, nel loro interno contengono frammenti di realtà, immagini plausibili ma che dopo una lunga osservazione svelano la loro complessità fatta di velature tecniche ma anche di soggetti. Le opere di Andrea Grotto vanno infatti svelate come se si sbucciasse lentamente una cipolla per apprezzarne appieno la complessità. Un esempio, calzante, è Sul blu d’inverno avvolti da uno spazio profondo, (2017) i cappotti, che compongono l’installazione, il cui colore è stato campionato da alcuni scatti  quotidiani dell’artista del cielo nei mesi invernali, se aperti mostrano al loro interno delle galassie di stelle realizzati in tela dipinta e ricami che riportano simboli come La nascita del sole o Il buio un’opera in cui addentrarsi e addirittura indossare. Se in Un vento analogo (la Grande Lotteria) del 2018 una serie di uccellini sono spettatori di una strana nube posta sopra loro, in Simposio, del 2015 un felino cristallizzato riposa in un muto dialogo con una statuetta aureolizzata e un busto oscuro cedendo il suo manto al bosco circostante e in Dal sangue del sole del 2016 un leone divora un pianeta di luce ci si avvicina, ancor più alla complessità dell’universo di Grotto. Per facilitare l’osservatore ad entrare nel suo immaginario Andrea ha, quindi, deciso di realizzare, con la collaborazione del designer Filippo Soffiati, una serie di abiti da “esploratore moderno”  composto da pantalone, panciotto e giacca la cui fodera dipinta ci conduce come se fosse una porta interstellare, di opera in opera. L’artista ha deciso di aiutare, ulteriormente, lo spettatore nel non perdersi disseminando lo spazio di fiammelle, tenue luci che da parete in parete, illuminano il cammino conducendoci nelle profondità della conoscenza delle sue opere per poi divampare, nel fulcro della mostra, nell’incendio di Brucia Luce, 2018.