Mario Scudeletti
Occhioperocchio

Mario Scudeletti
(Treviglio (BG) 1980).
Per questa sua personale ha sviluppato un  progetto, che pur componendosi di opere realizzate con materiali di diversa natura (ceramica, fotografia, disegno, performance) e dai risultati visivi differenti, verte sul tema dell'”Annunciazione”; da qui la decisione di inaugurare il 25 marzo, giorno in cui per la religione cattolica ricorre la celebrazione dell’incontro tra l’arcangelo Gabriele e la Vergine Maria. Per Scudeletti questa data diventa un motivo di riflessione sul concetto e sull’idea di “Storia” stessa un punto zero non solo religioso, una rappresentazione del rapporto uomo-storia e uomo-cultura. L’artista per questo cerca di risalire ai mezzi primordiali di trasmissione del sapere come l’oralità: un personaggio dal volto coperto da una maschera fatta da due ali ripete salmodicamente all’interno di una nicchia: “Non ho conosciuto Uomo”, la performance Auto_Madonna,  rappresentata nel giorno inaugurale e che rimane ora come traccia nelle sue componenti principali: ali, fondo oro e giglio. Per l’artista dobbiamo imparare ad ascoltare di più il mondo, noi e gli altri, per questo in Orecchioperocchio, una serie di sei maschere in ceramica, i lineamenti umani perdono i tradizionali accenni agli occhi e alle labbra rimpiazzati, da una profusione di orecchie, in un mondo di immagini, l’artista rappresenta la nostra cecità verso il “reale”. Un mondo in cui viviamo, anche quotidiano, di cui spesso non cogliamo la preziosità e importanza, da qui una serie di fotografie che Mario realizza nel quartiere in cui abita a Torino, inquadrature dal balcone della casa in cui risiede o semplici visioni di scorci per le vie attorno alla sua residenza. Fotografie di edifici, macchine, semafori, bus, passanti (il cui volto stranamente non guarda mai in camera) banali nella loro anonimicità su cui l’artista re-interviene con delle carte in lamina dorata che ritagliate e accartocciate vanno a creare delle forme sopra la fotografia stessa, nascondendole e svelandole contemporaneamente.Osservando più accuratamente gli interventi ci si rende conto che i ritagli in oro non sono casuali ma lettere in carattere gotico, ritorna, quindi, la trasmissione di un pensiero che qui si materializza in scrittura ma inintelligibile confuso nel suo eccesso di forme. Man mano che si entra nella mostra si colgono i riferimenti a cui Scudeletti ha attinto come ispirazione formale per le sue opere come il mondo della miniatura con i suoi ori, le sue preziosità nei disegni, i capilettera carichi di sinuosità, le rappresentazioni fortemente simboliche, la tradizione dei fondi oro nella pittura italiana dal Medioevo al Rinascimento Immagine cariche visivamente un “horror vacui” che accomuna ulteriormente quegli autori con Mario anche nella serie di disegni esposti; Mario infatti da anni realizza i suoi disegni su fogli di carta millimetrata per rifuggere “il vuoto” del bianco. Due le serie di disegni esposti, la prima con volti deformi, “grotteschi” le cui bocche che si dilatano spaventosamente in ghigni a “mille denti”, le lingue ingigantite vanno a coprire i lineamenti dei volti o decine di orecchie ci osservano, teste in cui si possono riconoscere i lineamenti dell’artista stesso. Nella seconda serie invece delle stelle filanti carnevalesche partono dalle mandibole di un teschio umano e intrecciandosi sinuosamente formano le parole: “La Storia”.